Giampilieri, le consulenze
e il tempo che non passa
Giampilieri, consulenti e lavori. La video-inchiesta di Livesicilia. Lo stato dell’arte dopo l’alluvione. LINK LIVESICILIA
Giampilieri, consulenti e lavori. La video-inchiesta di Livesicilia. Lo stato dell’arte dopo l’alluvione. LINK LIVESICILIA
TUTTE LE CARTE. Ancora oggi i catanesi non sono a conoscenza di cosa è accaduto all’interno dello studio del notaio Ciancico. L’edizione catanese del mensile “S” in edicola da sabato 24 settembre, contiene tutti gli atti giudiziari di quello che è stato ribattezzato “Sistema Ciancico”. Ovvero il sistema di clausole, versamenti, conti correnti paralleli che ha portato ai domiciliari (adesso rilasciato) l’ex presidente dell’ordine dei Notai Vincenzo Ciancico, attualmente indagato per falso, peculato e truffa.
L’inchiesta di Antonio Condorelli ripercorre tutte le transazioni contenute nell’ordinanza di custodia cautelare analizzando singoli importi e riportando nomi e cognomi di tutti i protagonisti, vittime e carnefici. A partire dalla transazione tra l’editore Mario Ciancio Sanfilippo e il gruppo Auchan, per l’acquisto di un terreno. Ma anche società finanziarie, privati e professionisti. Il tutto corredato da tabelle, fotografie e dati che non a caso sono stati trascurati dalla stampa locale. Un’autentica operazione verità, soltanto una delle tre inchieste portanti contenute nel nuovo numero di “S” Catania.
Niscemi in lotta contro le parabole
volute dall’esercito degli Stati Uniti Sindaco e popolazione contro il progetto militare “Muos”, pali alti 150 metri che minacciano una sughereta e che nessuno in Comune ha mai approvato. Ora il primo cittadino ha imposto lo stop dei lavori, ma dovrà confrontarsi con il sì concesso dalla Regione Sicilia
“Le colate di cemento per le antenne militari Usa sono abusive”. A dirlo è il sindaco di Niscemi, Giovanni Di Martino. Storia di una palificazione alta fino a 150metri, di antenne denominate “Muos” che dovrebbero crescere all’interno di una sughereta, e di un inizio dei lavori di sbancamento avvenuto sotto ferragosto.
MAFIA: IBLIS; CSM, NON LUOGO A PROCEDERE SU RICHIESTA PM
(ANSA) – ROMA, 21 SET – Il Consiglio superiore della magistratura ha approvato con 17 voti a favore, un voto contrario e uno astenuto, la delibera che dispone il ‘non luogo a procedere sulle osservazioni sollevate da quattro sostituti’ nei confronti del procuratore reggente della Repubblica di Catania sulla gestione dell’inchiesta Iblis. Il Csm ha trattato il contenzioso sulla revoca della delega dal vertice dell’ufficio di parte dell’inchiesta Iblis, decidendo di stralciare la posizione del presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, di suo fratello, il deputato nazionale del Mpa, Angelo, e di un terzo indagato, per i quali i 4 pm volevano invece il visto per presentare al Gip una richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. Per i fratelli Lombardo la Procura ha successivamente disposto la citazione a giudizio per reato elettorale. L’intervento del Csm era stato sollecitato dai quattro sostituti sul ruolo avuto dal procuratore reggente di Catania e dell’aggiunto che coordina l’area contro la cosca Santapaola. ‘Nel caso in esame – si legge nella delibera del Csm – non risultano allo stato violazioni di norme ordinamentali ne’ da parte del procuratore della Repubblica ne’ da parte dei suoi sostituti. Il Consiglio si riserva comunque di adottare una delibera di carattere generale che disciplini l’organizzazione dell’ufficio del pm nella prospettiva ordinamentale’.(ANSA). |
Sabato torna S Catania inchiesta top secret su un potente della città. Ma non solo…
In tutte le edicole dal 24 settembre. “Un potente, un intoccabile considerato tale anche dalla stampa e per questo gli atti giudiziari che lo riguardano, con tanto di procedimento in corso, sono rimasti sepolti”. Sabato torna in edicola l’edizione catanese del mensile “S”, edito dalla Novantacento di Palermo, un “numero bomba”, secondo alcune indiscrezioni, sotto il coordinamento di Antonio Condorelli, giornalista d’inchiesta, che svelerà gli atti giudiziari sul processo in corso ad uno dei potenti che governano Catania.
Il giornalista d’inchiesta sarebbe venuto in possesso di tutti gli atti giudiziari comprensivi …CONTINUA A LEGGERE SU CATANIAOGGI
“ALLA PROCURA DI CATANIA
LA VERITÀ ESCE DI SCENA”
di Sebastiano Messina (REPUBBLICA Palermo)
NON tocca a noi giornalisti
giudicare gli imputati
e tantomeno i magistrati,
in un Paese nel quale abbiamo
già — ahinoi — un presidente
del Consiglio che si incarica
di picconare i pubblici ministeri,
nella speranza di
sottrarsi al principio fondamentale
che vuole la legge
uguale per tutti. Ma neanche il
profondo rispetto che nutriamo
per i magistrati può impedirci
oggi di dire che quello che
sta succedendo nella Procura
della Repubblica di Catania dà
un aiuto formidabile a chi parla
di «uso politico della giustizia».
La soluzione escogitata dal
reggente di quella Procura, Michelangelo
Patanè, è infatti la
peggiore che potesse essere
immaginata per chiudere il
“caso Lombardo”, ovvero l’inchiesta
aperta due anni fa contro
il presidente della Regione
per concorso esterno in associazione
mafiosa. Lo è per tre
motivi: per la procedura adottata,
per la tempistica dei provvedimenti
e per le ombre che
non permettono di definirla né
trasparente né inattaccabile. RIEPILOGHIAMO. Nel marzo 2010
Raffaele Lombardo viene iscritto nel
registro degli indagati per un reato di
mafia (il concorso esterno, appunto). Lui si
dichiara innocente davanti all’Assemblea
regionale, ma l’inchiesta va avanti senza
che la Procura di Catania gli contesti formalmente
alcun reato. Il procuratore D’Agata
prende tempo, passa quasi un anno, e
lui va in pensione senza che l’inchiesta arrivi
alla sua conclusione.
Poi, tre mesi fa, il magistrato incaricato di
reggere la Procura fino alla nomina del nuovo
titolare prende una decisione importante.
Boccia la richiesta di rinvio a giudizio di
Lombardo (per concorso esterno in associazione
mafiosa) firmata dai quattro pm titolari
dell’inchiesta e avoca a sé il procedimento,
ipotizzando la derubricazione del
reato. Per farlo, però, secondo la dottrina
prevalente, sarebbe necessaria una decisione
del giudice per le indagini preliminari.
Ma il reggente Patanè evita il giudizio del
gip, che sarebbe il “giudice terzo” invocato
dallo stesso Lombardo. E lo evita anche dopo
che il fascicolo sugli altri indagati è stato
affidato, con decisione assai discutibile, a
un gip che è il marito di Rita Cinquegrana,
nominata proprio da Lombardo sovrintendente
del Teatro Massimo di Catania. Non
gli chiede né il rinvio a giudizio per un altro
reato né l’archiviazione per il reato più grave.
Lo aggira del tutto e, con una decisione
sorprendente, cita direttamente a giudizio
Lombardo (e suo fratello) per violazione
della legge elettorale.
Nessun giudice potrà dunque stabilire se
l’accusa precedente era fondata o meno, e
nessun magistrato potrà più procedere
contro il governatore per quella vicenda, in
base al principio per il quale nessuno può
essere processato due volte per lo stesso fatto.
Al presidente della Regione, e alla giustizia,
serviva un giudizio pubblico e trasparente
delle prove a suo carico. La via d’uscita
che si è inventato il fantasioso reggente
della Procura lo impedisce per sempre.
Se davvero il caso Lombardo si concluderà
così, l’ombra del sospetto non si allontanerà
affatto dal governatore. E si allungherà
invece sulla Procura di Catania, che
dopo una così lunga gestazione ha partorito
una decisione che forse neanche il collegio
di difesa dell’imputato aveva osato immaginare.
Il presidente della Regione è imputato per voto di scambio insieme al fratello onorevole Angelo. Onore al merito. In Sicilia è una medaglia al valore. Vedi l’insegnamento del segretario regionale del partito democratico Lupo che, in cambio di qualche scheggia di sottogoverno, sostiene il governo autonomista.
Per non parlare della compostezza istituzionale dell’assessore Massimo Russo e della sua collega Caterina.
Avanti così! Bravi!
di Antonio Condorelli
14 set “Stiamo riformulando l’accusa a carico di Raffaele Lombardo”. Poche parole del procuratore reggente di Catania Michelangelo Patanè a Livesicilia la dicono lunga sugli ultimi risvolti del procedimento Iblis, nella parte stralciata a carico del presidente della Regione. Il reggente Patané inizialmente non si sbottona, ma poi conferma: “Ancora due giorni di tempo”. Ferie corte alla procura […]
Dario Montana (fratello di Beppe Montana, il commissario di polizia ucciso da Cosa Nostra) è stato recentemente oggetto di una campagna di discredito in relazione al suo lavoro come Commissario del Consorzio industriale di Catania.
Riportiamo a seguire la trascrizione di un programma radiofonico (http://www.radio24.ilsole24ore.com/main.php?articolo=dario-montana-ucciso-mafia-commissario-asi-catania) trasmesso lo scorso otto settembre da Radio 24 (del quotidiano Il Sole 24 Ore), nel quale il giornalista Roberto Galullo commenta il lavoro svolto da Montana.
“La calunnia è un venticello un’auretta assai gentile che insensibile sottile leggermente, dolcemente, Incomincia a sussurrar”.
Le parole ovviamente non sono mie ma del librettista Cesare Sterbini per il Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini. Ben si adattano però a quanto sta accadendo a Dario Montana, commissario del Consorzio industriale di Catania e fratello di Beppe Montana, il commissario di polizia ucciso da cosa nostra il 28 luglio 1985. Due vite, una spenta dalla mafia, spese per la legalità.
Eppure a Catania in questi giorni c’è chi comincia ad attaccare Dario Montana, che da quando si è insediato, il 13 dicembre 2010, ha fatto quel che nessuno aveva fatto prima: istallato un servizio di video sorveglianza, riammesso nei lotti del consorzio un’impresa che ha denunciato i boss e che era stata esclusa per motivi burocratici, denunciato alla Corte dei Conti alcune aziende per presunti danni di oltre 14 milioni, aperto un dialogo continuo con prefettura, forze dell’ordine e magistratura.
Insomma, ha rotto il fronte dell’omertà che fino al suo insediamento era la regola. E allora il sospetto è che, bocciata la legge siciliana che avrebbe dovuto riformare i consorzi industriali, si riaffaccino con forza in tutta l’isola appetiti mafiosi inconfessabili. “Vorrei sapere, dice l’assessore regionale all’industria Marco Venturi, se è stato sbagliato sostenere che i consorzi si sono trasformati in carrozzoni clientelari, e luoghi dove si fanno affari con soggetti collusi con la mafia, che invece di sostenere lo sviluppo delle imprese, lo ostacolano. Per esempio si dovrebbe sapere che l’area di Catania sorge in siti con forti problematiche ambientali e idrogeologiche. Quali interessi si annidavano su quei terreni?”
Forse anche su questo, se avrà tempo, farà luce Dario Montana, una vita spesa per la legalità.
Roberto Galullo
di Antonio Condorelli
9 set “Sono sconvolto, mi hanno detto che è finito il budget 2011 per le protesi e non so cosa dire alle decine e decine di utenti in lista d’attesa”. E’ l’appello che Giovanni Savoca, direttore dell’unità operativa di traumatologia e ortopedia dell’ospedale di Biancavilla, lancia all’assessore Massimo Russo attraverso Livesicilia. “Rischiamo il blocco delle liste d’attesa […]